Vecchi abati e terziari moderni. Studi di letterartura para-religiosa tra Settecento e Novecento
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Non mi sarei lasciato vincere dalla tentazione di dare alle stampe l’ennesima raccolta di saggi inediti, carico d’anni quale sono, se essi non avessero avuto la forma di un canto del cigno, di un abbrivio verso quel finale di partita che è (sia detto senza acrimonia, direi sine ira et studio) il mio rapporto con gli studi letterari. […] Tre dei quattro saggi qui presentati sono inediti. Il primo, quello relativo a Michelangelo Affrunti, è uno studio comparato di fonti, portato avanti nell’ottica di una sistemazione geo-letteraria dell’autore stesso e nella ricerca delle sue più lontane e definite ascendenze; il secondo – quello relativo a Destutt de Tracy e a Giuseppe Compagnoni – vuol indicare una definizione innovativa del lavoro d’analisi letteraria e filosofica, in nome di un tracciato metodologico di mia ideazione (la fourfold connective interpretation), tale da rispondere a talune forti sollecitazioni sistematiche sopravvenutemi negli ultimi tempi e da conglobare in una chiostra unica tutti gli eventi socio-culturali che un testo può offrire allo sguardo attento del lettore. Il terzo riguardante lo scrittore livornese Giosuè Borsi, cerca di individuarne le ascendenze strutturali in nome di una rivisitazione afferente alla teoria dei generi letterari, a mio parere un percorso scarsamente e perigliosamente tentato dai critici in riferimento a questo autore. Il quarto, ripubblicato e che concerne la contrapposta ricezione militante d’un romanzo di Clemenceau in ambienti cattolici tradizionali e naturalisti, chiude il volume come una sorta di personale Ringcomposition. […] Fra tante demolizioni oggi prevalenti e fra tanti onori un tempo usurpati, mi parve giusto dover ricordare nomi ormai a torto dimenticati dai più, o non degnamente apprezzati da tutti coloro che oggi vi si accostano. Per parte mia, infatti, io ritengo che la loro memoria non sia infeconda, neppure in questi tempi terribili di nuove pestilenze e di nuove guerre, perché ci richiama a momenti storici, a passioni, ad ingegni che mi pare ancora utile bene ricordare con essi; e non si creda che il mio entusiasmo nell’analizzarli sia un affetto esclusivo, un modo come un altro per disprezzare quella che taluno oggi chiama «alta letteratura»: io credo, lo dico con finale consapevolezza, che le emozioni e i contenuti da costoro veicolati possano ancora proporsi, soprattutto agli occhi dei giovani, quali latori d’una libertà interpretativa che si configuri – ancora una volta – come il tucidideo «possesso per sempre».
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