Storia di un gatto

8.00

Quella che emerge da questa autobiografia pura, cristallina, non romanzata, è una personalità complicata, un’identità frammentata tra il sentirsi un po’ uomo (poco adulto), un po’ donna, un po’ bambino e un po’ gatto. Già durante l’infanzia e l’adolescenza, mentre la vita reale si dipana facile facile, il nostro introspettivo protagonista ama perdersi in fantasticherie spazio-temporali, evasioni musicali e innamoramenti a getto continuo. Più in là negli anni, quando la vita comincia a farsi in salita, la sua anima fragile troverà rifugio nella letteratura, nell’arte e nel “paesaggismo”, ovvero nel recarsi in altura ad ammirare paesaggi. Scoprirà così la sua vocazione quasi eremitica, con le sue “regole benedettine”: supremazia del contatto con la natura sul contatto umano, supremazia dello studio e della meditazione sul lavoro. Purtroppo, proprio la pessima adattabilità nel mondo del lavoro unita al forte desiderio di andare a vivere in un luogo altolocato (nel vero senso della parola), lo cacceranno in una situazione molto critica, ben descritta in questo racconto- confessione.

 

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