Figlio d’anima
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Una storia autobiografica che prende le mosse da un paesino dell’entroterra sardo negli anni a cavallo fra i Cinquanta e i Sessanta. Le tradizioni, gli usi e i costumi di un mondo lontano raccontati da un ragazzo che le ha vissute sulla sua pelle, con quella immediatezza e semplicità di chi affonda nei ricordi mentre scrive. È la forza della tradizione che spinge Antonio Giuseppe Abis a parlare delle sue origini, delle sue radici, usando tutto il fascino di una lingua fatta di suoni che sembravano venire da molto lontano, duri e forti, come la gente di quella terra avara che i contadini corteggiavano per ricevere dei frutti. Ma sono i rapporti umani che si portano in primo piano in questo racconto: rapporti veri, segnati dal dolore, anche se a volte chiusi dietro a riti e cerimonie che servono a dare una voce a sentimenti che difficilmente riescono a trovarla; rapporti che parlano di legami familiari profondi, che solo la morte può scalfire. Un racconto profondamente sentito, che in alcuni momenti sembra rivelare un sottofondo di nostalgia per quel mondo ormai lontano.
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